sabato, novembre 22, 2008

La prima volta...

La prima spesa che feci, una volta messo piede nella mia prima casa di Bologna, constava di un paio di pacchi di pasta, del latte, biscotti e cereali per la colazione.
Io e l'amico M, primo compagno di camera della mia vita da studente universitario, non andammo, come gli altri di casa, all'ipermercato del centro commerciale poco distante, ma optammo per il più modesto (e meno conveniente) Centro Marco Polo, al quale si arrivava attraversando i giardinetti che erano dietro il nostro condominio.

Era già dicembre e trovare una casa a Bologna si era rivelata, per un ragazzino giovane e inesperto come me, un'impresa ben più ardua e lunga del previsto.
Avere finalmente un mazzo di chiavi in mano e non dovere più passare le giornate a scartabellare annunci e numeri di telefono sembrava la più grande delle conquiste e, in fondo, anche le difficoltà affrontate rendevano quel momento ancora più gustoso.

Avevo mille cose che mi frullavano per la testa e mi sentivo microscopico rispetto al mondo che mi circondava, ero continuamente sospeso tra un vago senso di stupore, l'attesa di grandi opportunità ed il timore di non essere all'altezza.
Ricordo come rimanessi colpito dalla spigliatezza che notavo nella gente che conoscevo ogni giorno a lezione ed in giro, pareva quasi che tutti sapessero perfettamente chi erano, cosa piaceva loro e cosa avrebbero ottenuto dalle loro vite, mentre io ero, nella mia testa, solo l'ultimo arrivato dalla provincia d'Italia, dalla quale venivo con tanto entusiasmo e zero conoscenza. Nelle pause tra una lezione e l'altra, rimanevo incantato ad ascoltare colleghi che conversavano snocciolando nomi su nomi di gruppi e musicisti dei generi più alternativi o di culto; musicisti, registi, drammaturghi e scrittori dei quali non avevo mai sentito neanche i nomi prima di allora, ma che, a quanto pareva, dovevano essere, nelle vite di chi mi circondava, il pane quotidiano; io cercavo di parlare poco e ogni tanto lanciavo lì qualche battuta nel tentativo di mostrarmi simpatico, ma non capivo quasi nessuna delle citazioni che volevano nell'aria e che gli altri si scambiavano.

Di quelle settimane ricordo il freddo fosco che mi avvolgeva, all'uscita dall'aula nella quale trascorrevo le giornate, quando, dileguatosi il gruppo fisso dell'ultima fila, mi avviavo verso la fermata dell'autobus intabarrato nel mio giubbotto di pelle, berretto e sciarpa, quasi camuffato ed irriconoscibile.

Ricordo che, arrivato a casa, c'era sempre un bel tepore in cucina, chiacchiere rumorose, un bicchiere di vino per scaldarmi ed un piatto di pasta pronto da lì a poco.

Ricordo anche nottate e nottate ad ascoltare la radio e certe compilation sulle cassettine che mi aveva regalato Marco. Ricordo l'amico M. che mi parlava di gruppi e concerti rock che stentavo anche ad immaginare o mi spiegava performance che non capivo, mentre giocavamo a dipingere di blu-cobalto tutto quello che ci capitava a tiro per casa. Tutto quello che ci passava per la testa, ci sembrava bello e degno di finire in un film o in un fumetto...

Di quei giorni conservo un ricordo vivido e lontano al tempo stesso, quasi fosse stato un altro a vivere quei momenti; qualcuno che ormai non c'è più e che io ho solo tenuto d'occhio per riuscire a prenderne il posto in un attimo di distrazione collettiva.
Dio sa dove possa essere finito quel tizio. Un tempo lo rivedevo quando sfogliavo le vecchie agende piene di appunti e poesie, ma ormai non si trova neanche lì.

Questa notte, però, quel ragazzino diciannovenne l'ho rivisto, per un attimo... solo un attimo, evocato dai brani dei CCCP e dei CSI... e pensare che allora la musica di Ferretti e compagni non mi piaceva neanche...


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venerdì, ottobre 24, 2008

Lost in memories


Si può
sbagliare treno quando sei in viaggio con altre persone e prendere tutt'altra direzione di quella dei tuoi compagni di viaggio?... Beh... a me è successo, non so di preciso come sia accaduto, ma ora sono qui, su un treno che mi porta chissà dove... di controllori neanche l'ombra, altri passeggeri che conoscano la destinazione nessuno... altri passeggeri: nessuno... devo aver preso un treno che non prende nessuno... un treno che non prende nessuno, oppure nessuno prende il treno ora, qui... chissà altrove?... Conto gli sbadigli, i pali dell'elettricità lungo la linea ferrata... o sono del telefono?... Conto i peli sul dorso della mano: il dorso della mano d'orso che mi ritrovo... chissà dove mi sono perso, chissà se mi ritrovo, chissà dove sono?... Chissà quali sono le stazioni che continuiamo a passare tanto veloci da non poter leggere cosa c'è scritto sui lunghi cartelli azzurri... li conto... io sono uno che conta, in mancanza di altro o di altri, io conto... talvolta canto, ma perlopiù conto tanto... potrei leggere, potrei scrivere... se solo avessi con me ciò che mi serve: qualcosa da leggere, qualcosa per scrivere, qualcosa da scrivere... e invece è tutto da un'altra parte, su un treno che porta da tutt'altra parte... e allora canto pezzi di canzone, li monto pezzo su pezzo, canzone su canzone... tamburello con le dita ritmi accellerati, ritmi veri, assurdi o inesistenti... sbuffo annoiato... comincio a stancarmi di questo isolamento... la velocità diminuisce ancora... deve essere arrivato il capolinea?!?... Dev'essere arrivata l'ora di scendere... e magari di capire dove sono!...

Non mi sembra neanche vero di venir fuori dalla pancia di questo serpentone d'acciaio... finalmente basta... si, sono io che mi sono perso, ma non l'ho fatto apposta... Il nome che è scritto ovunque qui in stazione non mi dice niente, il paesaggio non mi dice niente, nessuno mi dice niente, soprattutto perchè non c'è nessuno, né niente... il paesino nel quale mi trovo è totalmente anonimo, omonimo a tanti altri paesini che, così come questo, in cui sto camminando io, potrebbero trovarsi altrove rimanendo comunque come sono. Non ho con me documenti che documentino chi sia, non ho più la carta d'identità: senza carta, forse senza identità. Arrivo nella piazza principale e senza nome, potrebbe esserci una fontana, potrebbe esserci un monumento o una chiesa o delle panchine, ma non c'è nulla di tutto ciò... mi siedo da qualche parte, continuando a chiedermi dove sono e continuando a chiedermi a chi possa capitare di perdersi nel nulla in questo modo... beh... scoppio a ridere alla risposta: nessuno!... Neanche a me!... Finalmente ho capito dove sono... lì dove sono tutti gli altri: da tutt'altra parte!...

(anno 1997)


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sabato, settembre 20, 2008

Blue notte

E' impossibile dormire in queste notti qua.

E' impossibile dormire o anche solo stare a letto e non è tanto il fastidio fisico o cos'altro, è più il tarlo che ti scava dentro e non dorme mai e non può permettere che tu sia da meno.

Non ho ricordi vividi adesso e neanche dolci sogni, per quanto, invero, vorrei tornare a quel dolce sorriso timido trovato in sogno la notte scorsa, vorrei incontrare di nuovo quella creatura cupa eppure sublime conosciuta in sogno la notte scorsa e quella ancora precedente; ma più di ogni altra cosa vorrei ritrovare me e poi anche quell'anelito leggero di vita e sentimento che ormai da troppo tempo non so più cosa sia.

Le lunghe veglie insonni, talvolta, sono magiche, sono come un alambicco che distilla le speranze e le intenzioni; la notte, però, è traditrice e mente e mostra tutto quanto ben diverso da come è in effetti e poco o niente prende in considerazione le esigenze altrui o anche solo ciò che non appartiene loro o ai loro cuori, ubriaca com'è dei nostri sogni.

Vorrei poter dormire adesso e poi svegliarmi già sulla via di casa, accarezzato da un quieto dondolare assorto e da uno sguardo lieve che dice: "Ciao, sono io... ed anche tu, finalmente, sei quello che sei!"

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domenica, giugno 15, 2008

Diario di viaggio

Mi piace viaggiare in treno, è come essere dappertutto e in nessun luogo al tempo stesso. Hai la sensazione di essere lì perché non potrebbe essere altrimenti, di esserci per un motivo ben preciso. E' un modo sublime e misterioso di perdersi dentro di sé, mentre tutto scorre a perdita d'occhio. A volte sai dove arriverai, a volte no, e non dipende certo dalla conoscenza della destinazione.
Dentro un treno c'è la vita che scorre arcana.


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mercoledì, settembre 19, 2007

Ormai...

C'era lei e c'ero io
e due candele accese nel buio della mia cucina a luci spente.
Un sorriso e una birra fresca, appena dopo aver mangiato la pizza e intanto, tra una carezza e un bacio, la voglia di mangiare il gelato, l'uno dalle labbra dell'altra, così come piaceva a noi.
Lei mi leggeva poesie da una raccolta beat ed io sognavo, ipnotizzato dalle fiammelle, il giorno del nostro futuro viaggio in America, con la chitarra in spalla ed un inglese impacciato alla ricerca di Frisco.
La notte ci attendeva, stretti in un letto, a soffocare sotto il lenzuolo solletico e risate per non svegliare gli altri.
Sembrava l'infinito... e invece non è più.

Non ho mai più acceso le candele, prendono polvere su uno scaffale, ormai smezzate. So che oggi butterò via quel pezzo di passato, dimenticherò quella porta da tempo chiusa e Frisco, l'ho capito, non la vedrò...



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martedì, settembre 18, 2007

Il dolce e l'amaro...

Mi piace il cappuccino...
con la schiuma compatta e vaporosa al tempo stesso... ed una spolverata di cacao... sembra quasi consolarmi da tutti i malumori, crea una breve parentesi tra le preoccupazioni e cancella per un po' qualsiasi pensiero dalla testa.
A volte il bisogno di un cappuccino è tale da impedirmi qualsiasi considerazione sull'opportunità di fare colazione ad una certa tarda ora... fosse anche mezzogiorno, il bisogno di cappuccino va ascoltato e soddisfatto.
Stamattina gusto il mio cappuccino seduto davanti al mondo che passa sotto ai miei occhi in forma di auto e mezzi pubblici e gente presa dalle faccende della mattina. Intorno c'è già aria da pranzo...
Io e il mio cappuccino ci teniamo compagnia e ignoriamo tutto quanto, anche le chiacchiere insistenti della barista, carina, preoccupata per le sorti del pianeta e dei figli che non ha ancora; un gruppetto di anziane clienti accompagnate dai loro docili cagnetti ascolta il suo piccolo comizio e annuendo ne compatisce le sorti.

Nel tavolino a fianco un ragazzo vigoroso e aitante. E' vestito interamente di bianco, sembra straniero, sfoggia mocassini costosi, un massiccio anello d'oro e calzini da ginnastica di spugna, ha abbandonato la coca-cola che stava bevendo per passare ad un bicchiere di whisky, forse deve ancora andare a dormire dopo una notte da balordo... oppure è uscito direttamente da un racconto sbronzo di Bukowski. Quando il ragazzo prende il suo telefono cellulare ed esordisce in una chiassosa conversazione in russo, mi faccio un'idea tutta diversa.
Ho trent'anni e mezzo cappuccino nella tazza, una giovane zingara passando mi fissa e poi continua a camminare senza darmi importanza, credo che abbia la metà dei miei anni, ma i suoi occhi puntuti dicono più cose di quante io ne voglia immaginare...

Il cappuccino è finito, la mattina ormai è andata, tempo di lasciare il tavolino, guardare l'orologio e scoprire per davvero che ora è...


Immagine da sparklette.net

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domenica, settembre 09, 2007

Io, motore immobile.

...Ho scoperto di avere un potere speciale: se mi concentro abbastanza riesco a far avanzare la lancetta dell'orologio di un minuto ogni sessanta secondi!
Credo che utilizzerò questo potere per portare il mondo nel futuro... un poco alla volta!


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venerdì, agosto 11, 2006

Scenari notturni

...ed è vero così,
sì è vero che le mosche da bar non vanno in ferie mai
e non cercano altro che un barista compiacente
o un estemporaneo interlocutore, compagno di drink,
per esprimere indomiti la loro vissuta visione del mondo, le loro esperienze,
aneddoti di anni in giro per il mondo o semplicemente spesi a versare
un cicchetto sull'altro...
...e hanno mogli, compagne, forse figli o soltanto un progetto
da realizzare con i soldi ed il tempo di quando andranno in pensione
ed allora potranno fare quel che covano
in mente da un po',
ma è il tempo che passa, la bottiglia si vuota
e la notte ormai scura ci dice che è tempo di andare...


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