lunedì, maggio 25, 2009

Happy Towel Day

La Guida Galattica per gli Autostoppisti dice alcune cose sull'argomento asciugamano. L'asciugamano, dice, è forse l'oggetto più utile che un autostoppista galattico possa avere. In parte perché è una cosa pratica: ve lo potete avvolgere intorno perché vi tenga caldo quando vi apprestate ad attraversare i freddi satelliti di Jaglan Beta; potete sdraiarvici sopra quando vi trovate sulle spiagge dalla brillante sabbia di marmo di Santraginus V a inalare gli inebrianti vapori del suo mare; ci potete dormire sotto sul mondo deserto di Kakrafoon, con le sue stelle che splendono rossastre; potete usarlo come vela di una mini–zattera allorché vi accingete a seguire il lento corso del pigro fiume Falena; potete bagnarlo per usarlo in un combattimento corpo a corpo; potete avvolgervelo intorno alla testa per allontanare vapori nocivi o per evitare lo sguardo della Vorace Bestia Bugblatta di Traal (un animale abominevolmente stupido, che pensa che se voi non lo vedete nemmeno lui possa vedere voi: è matto da legare, ma molto, molto vorace); infine potete usare il vostro asciugamano per fare segnalazioni in caso di emergenza e, se è ancora abbastanza pulito, per asciugarvi, naturalmente.



Douglas Noel Adams, Guida Galattica per gli Autostoppisti, 1979.


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venerdì, maggio 15, 2009

Il baratro che non vedi

Si trova da qualche parte nel sottosuolo, molto in fondo: forse in un tunnel, o nelle fogne. La luce è ridotta a qualche debole sprazzo, che definisce il buio, piuttosto che disperderlo. Non è solo. Ci sono altre persone che gli camminano accanto, sebbene lui non riesca a vedere le loro facce. Stanno correndo, ora, attravero la parte interna della fognatura, inzaccherandosi di melma e di sporcizia. Goccioline d'acqua cadono lentamente, limpide come cristallo nell'oscurità.
Svolta un angolo, e la Bestia è là che lo aspetta.
E' enorme. Riempie completamente lo spazio della fognatura: la testa massiccia abbassata, corpo setoloso e fiato fumanti nell'aria gelida. Una sorta di cinghiale, pensa all'inizio, poi si rende conto che è una sciocchezza: non esistono cinghiali così grandi. Ha le dimensioni di un toro, di una tigre, di un automobile.
Lo fissa, indugia per un centinaio di anni, mentre lui solleva la lancia. Lui osserva la propria mano che regge l'arma, e nota che non è la sua mano: il braccio è coperto di peli scuri, le unghie quasi artigli.
E poi la Bestia carica. Lui scaglia la lancia, ma è già troppo tardi, sente che la Bestia gli ha tagliato il fianco con le zanne affilate come rasoi, sente che la sua vita si sta spegnendo nel fango: e si accorge di essere caduto a faccia in giù nell'acqua, che si è tinta di rosso acceso e crea densi mulinelli di sangue che lo soffocano. Tenta di gridare, tenta di svegliarsi, ma riesce soltanto a respirare fango e sangue e acqua, e a provare un grande dolore...

"Brutto sogno?" chiese la ragazza.
Richard si mise a sedere sul sofà, respirando a fatica. Le tende erano ancora tirate, le luci e la televisione ancora accese, ma sapeva dalla pallida luce che filtrava attraverso gli interstizi che era mattina. Cercò a tentoni il telecomando, che chissà come gli si era incuneato tra le reni durante la notte, e spense il televisore.
"Sì" rispose. "Più o meno."
Strofinò via le tracce di sonno che gli incrostavano gli occhi e fece l'inventario di sé stesso, notando con piacere di essersi tolto le scarpe e la giacca prima di addormentarsi. Lo sparato della camicia era coperto di sangue secco ed era sporco. La ragazza senza casa non diceva nulla. Aveva un aspetto disastroso: pallida e minuta, sotto al sudiciume e al sangue ormai asciutto e di colore marrone. Era vestita con una quantità di abiti uno sopra l'altro: vestiti curiosi, velluti impolverati, pizzi inzaccherati, strappi e buchi attraverso i quali si potevano intravedere ulteriori strati e stili.
Richard pensò che sembrava uscire da un'incursione di mezzanotte nella sezione riservata alla storia della moda nel Victoria and Albert Museum, e avesse ancora indosso tutto ciò che aveva arraffato. I suoi capelli corti erano sudici, ma pareva che sotto lo sporco potesse esserci un colore rossiccio scuro.

Se c'era una cosa che Richard proprio non sopportava erano le persone che affermavano cose ovvie, quelle che gli venivano a riferire situazioni di cui non poteva non accorgersi da solo neppure volendo: "Piove", oppure "Ti si è appena rotto il fondo del sacchetto della spesa e tutto il tuo cibo è finito nella pozzanghera" o anche "Ooh! Scommetto che fa male!".
"Sei sveglia, allora" disse Richard, odiandosi.
"Che baronia è questa?" chiese la ragazza. "Che feudo?"
"Hmm. Come, scusa?"
Si guardò attorno con aria sospettosa. "Dove sono?"
"Appartamento 4, Newton Mansions, Little Comden Street..." Si fermò. Lei aveva aperto tutte le tende, sbattendo le palpebre alla fredda luce mattutina. La ragazza contemplò meravigliata la vista alquanto ordinaria che si godeva dalla finestra di Richard, scrutando a occhi spalancati le auto e gli autobus, e il piccolo insieme disordinato di negozi - un giornalaio, un panettiere, una farmacia e una rivendita di alcolici - sotto di loro.
"Sono a Londra Sopra" disse con voce flebile.
"Sì, sei a Londra" ribadì Richard. Sopra a cosa?, si chiese. "Penso che probabilmente ieri sera eri in stato di shock o qualcosa di simile. Il taglio sul braccio era molto brutto."
Attese che dicesse una parola, che spiegasse. Lei gli lanciò un'occhiata, poi abbassò di nuovo lo sguardo verso gli autobus e i negozi. Richard continuò: "Io, be', ti ho trovata sul marciapiede. C'era un sacco di sangue."
"Non preoccuparti" gli disse con aria seria. "La maggior parte del sangue apparteneva a qualcun altro."
Lasciò ricadere la tenda. Poi cominciò a svolgere dal braccio la sciarpa, macchiata, incrostata di sangue. Esaminò il taglio e fece una smorfia. "Bisogna farci qualcosa" disse. "Vuoi darmi una mano?"
Richard cominciava a sentirsi in acque un po' troppo profonde per le sue possibilità. "In realtà non me ne intendo molto di pronto soccorso" disse.
"D'accordo," fece lei "se sei davvero tanto schizzinoso, vuol dire che ti limiterai a tenere le bende e ad annodare le estremità che non riesco a raggiungere. Ce le hai le bende, vero?"

Neil Gaiman, Nessun Dove, 2000.


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mercoledì, maggio 06, 2009

La noia puntuale

Marta sui Tubi
LA SPESA
(Sushi e Coca)

Un'altra sera a casa a masticare noia e surgelati
La tv vomitava vacui colori, la luce dei pensieri è spenta
Programmerò il mio umore artificialmente e scriverò
un saggio su come perdere
tempo senza sprecare nemmeno un minuto.
Vieni a farmi compagnia fiamma di carta, perditi
con me nel labirinto di un monolocale
a coltivare il miraggio di stare con i piedi per terra
sopra il pavimento di un quinto piano condominiale

E non so come ma arriverò puntuale.

Mi manca un kilo di faccia integrale
e due etti ci comprensione
e un cartone d' amore a lunga conservazione
non rimane che fare la spesa
Continuare a pagare
per quello che voglio e quello che non ho ancora

E non so dove ma arriverò puntuale

Oh che vasta scelta
mi si presenta
che sceglierò
ma voglio di più
per riempire la cesta
Che sceglierò
Vorrei essere io una volta
scelto

"Sai di vivere una vita che è contronatura, dove un giorno è per la notte
dove la paura va scacciata via in un attimo, in un gesto attento di quell'anima un pò scura che ti porti dentro.
O forse è naturale inseguire il destino, perder l'innocenza per sentirsi bambino e dalle facce appese alle circostanze fai uun sorriso beffardo e non ti accorgi neanche"

"...Di spalle o col viso rivolto alla mia ermeticità gravità,
so di aver dio dentro, ma non è nient'altro che un piacevole stupro,
un fulmine, un fulmine dentro la schiena!"


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