mercoledì, febbraio 03, 2010

Le irrealtà gemelle

"Fur -
Ritratto immaginario di Diane Arbus"

Regia di Steven Shainberg, USA, 2006.

Da lungo tempo aspettavo l'occasione di vedere questo film, non tanto per il riferimento alla vita della fotografa statunitense Diane Arbus (in realtà, sono molto poco propenso al genere "biopic") quanto per il fatto che questa pellicola uscisse dalle mani di Steven Shainberg, regista che ho avuto modo di apprezzare per il suo precedente "Secretary".
Avuta finalmente l'occasione, posso adesso considerare la mia curiosità soddisfatta. Non posso, invece, considerare altrettanto soddisfatto il mio (personalissimo) gusto cinematografico.

Il film, invero poco o niente biografico, si propone di raccontare sotto forma di flashback una interpretazione romanzata del progressivo distacco della Arbus (interpretata da Nicole Kidman) dal suo ambiente alto-borghese intessuto di formalità ed il momento di autocoscienza che la fece approdare a quella ribelle ispirazione fotografica che i suoi estimatori e gli appassionati di fotografia le riconoscono.
Alla fine degli anni '50, moglie impeccabile, tanto inquieta quanto assoggettata ai doveri che lo status sociale le impone, Diane vive con frustrante disagio dentro la cornice di patinata mondanità che le è stata imposta dalla famiglia di origine e dal marito, fotografo di moda, fino al giorno in cui, l'arrivo nel proprio stabile di un nuovo inquilino misterioso ed eccentrico, la spinge ad un'esplorazione dei propri istinti di donna e di fotografa e la muove verso quella che diverrà la sua poetica del marginale e del mostruoso quotidiano.

Vagamente basato sulla biografia scritta dalla giornalista Patricia Bosworth, il film di Shainberg si distacca immediatamente da qualsiasi realismo per costruire una narrazione dai toni irreali. Non a caso, a conclusione dei titoli di coda, il regista ci tiene a precisare che gli eventi illustrati nel film sono in buona parte frutto di fantasia. Mi sembra, dunque, che la chiave di lettura di questo curioso testo cinematografico sia più quello dell'omaggio che non quello della ricostruzione.
Sul piano della narrazione fiction, però, mi sembra di poter dire che il film sia ancora più deficitario.

Se già nel succitato "Secretary" Shainberg aveva dato un ottimo esempio di come si possano vivere, narrare e rappresentare su celluloide le legittime "perversioni" umane con uno spirito leggero ed una nutrita dose di ironia, nel caso di questo "Fur", questa poetica sembra non funzionare. La messa in scena rigorosa e tenue al tempo stesso, le luci piatte e le dominanti pastello (anche nelle scene negli interni più decadenti, quali, ad esempio, l'appartamento di Lionel) non seguono di pari passo gli episodi della vita della protagonista e, ad una regia attenta alle costruzioni visive non corrisponde una sceneggiatura altrettanto interessante.

Lo spunto più interessante di questo film è quello di non badare tanto alla veridicità della storia, quanto di tentare un'esplorazione nell'universo psicologico e visivo che ha caratterizzato l'intera opera della Arbus. L'esperimento fallisce abbastanza in fretta non appena la sceneggiatura decide di svelare tutti i misteri che stanno dietro la porta del vicino Lionel (interpretato da Robert Downey Jr.) riducendosi così ad una inconsistente storia sentimentale vagamente melodrammatica.

La prova d'attrice della Kidman è valida, sebbene la sua compostezza "imborghesita" sembra più in linea con la parte del film che ho meno apprezzato, mentre Downey Jr. (nascosto da abiti, maschere e peli per la quasi totalità del film) appare quasi schiavo delle commedie da teenager che ha abbondantemente interpretato negli anni '80 e non riesce a regalare al suo personaggio lo spessore che meriterebbe.

Interessanti le scenografie ed i costumi (in particolare le maschere di Lionel), peccato che questi (così come il tema ricorrente dei capelli e dei peli umani ed animali) vengano declassati a semplice elemento di bizzarro leitmotiv superficiale.

Da vedere?... Non so. Penso che a Stanley Kubrick è bastata una inquadratura per avvicinarsi allo spirito della Arbus molto di più di quanto Shainberg abbia fatto con un intero film!


Solo per curiosi.




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