sabato, settembre 22, 2007

Alla ricerca del Bene perduto...

Andare al cinema dopo tanto tempo e vedere un film che non mi sarei perso per niente al mondo, quello annunciato da mesi, aspettato da anni, pubblicizzato da un battage multimediale straripante mi ha dato una certa soddisfazione...
Andare a vedere il film de I Simpson, insomma, mi ha dato un certo gusto... e non solo perchè adesso posso confrontare i miei pareri con quegli amici che lo hanno già visto anche più di una volta o perchè finalmente so chi o cosa sia questo Spider Pork che imperversa, tormentone del momento, ma soprattutto perchè ho riso parecchio e le gag hanno pienamente raggiunto il loro obiettivo di intrattenimento di effetto immediato...
Andare al cinema, mi ha messo addosso una certa voglia di parlare di film... ma non è I Simpson che recensirò, bensì il seguente...

"Little Miss Sunshine"
regia di Jonathan Dayton e Valerie Faris
scritto da Michael Arndt, USA, 2006.


Se è vero che quello della commedia è uno dei generi più frequentati e popolari tanto dal grande pubblico quanto dai cinefili più smaliziati, è pur vero che non sempre i prodotti di questa genìa riescono a lasciare una traccia appena più profonda del sorriso che suscitano durante la visione. Il rovescio della medaglia è che la commedia offre senza dubbio delle possibilità espressive ad un certo tipo di cinema indipendente, non fosse altro che per la sua matrice psico-sociale (la quale ben si adatta alla scarsità di mezzi delle produzioni che non hanno le spalle coperte dagli studios).
Il vantaggio di orientarsi sulle commedie indipendenti (ma la cosa, sappiamo valere anche per altri generi) è quello di trovare un film dagli schemi insoliti, originali o quantomeno un po' più freschi.

Nel caso di Little Miss Sunshine, devo ammetterlo, le mie speranze sono state sì soddisfatte ma solo in parte.

Little Miss Sunshine narra le difficili relazioni tra i membri di una famiglia medio borghese di Albuquerque (Nuovo Messico), le loro difficoltà di comunicazione dovute alle nevrosi ed ossessioni personali e le evoluzioni che si verificheranno durante un viaggio in furgone per accompagnare la figlia minore ad un concorso per piccole miss che si tiene in California.

A giudicare dai trailer che avevo visto al tempo dell'uscita in sala di questo film, immaginavo una commedia grottesca, assimilabile a quelle di Wes Anderson, magari con un tocco di leggerezza in più ed una maggiore senso di mobilità.
In parte, Little Miss Sunshine frequenta proprio alcuni dei topoi narrativi andersoniani, presentando una famiglia di casi che oseremmo definire clinici: un padre ossesso dalla sua mania di successo e dal progetto di lanciare il manuale di autodeterminazione che ha ideato e scritto, un nonno brusco col vizio dell'eroina, uno zio ex accademico in piena crisi esistenziale, un figlio quindicenne che ha fatto voto di silenzio, una madre in equilibrio precario tra i suoi affetti ed una piccola bambina con l'aspirazione a diventare reginetta di bellezza ma sprovvista dell'adeguato physique du role.
Rispetto a Le Avventure Acquatiche di Steve Zissou o I Tenembaum, la sceneggiatura di Arndt, però, rimane maggiormente ancorata ad un registro di realismo, rinuncia a marcare la mano sugli aspetti più grotteschi della storia e si limita a dipanarli come momenti del viaggio alla base del film, tuttavia risulta molto più omogenea e lineare lì dove le opere andersoniane zoppicano spesso per sfilacciamenti narrativi e incedere sonnolento.

L'umorismo è arguto senza scadere nel saccente ed i personaggi, ben recitati da attori di discreta esperienza, suscitano simpatia.

La regia è garbata e composta, non cerca l'eccentricità visiva (peccato cui spesso, invece, indulge il già citato Anderson) ed alterna inquadrature fisse a qualche ripresa a mano non troppo traballante, il tutto illuminato da una fotografia dai toni molto solari (opera di Tim Surhstedt).

I registi Jonathan Dayton e Valerie Faris (coppia nel lavoro e nella vita) hanno una carriera consolidata nel mondo dei videoclip, vantano all'attivo lavori per gruppi come REM, Smashing Pumpkins, Oasis, The Ramones, ecc e questo spiega bene la loro innegabile competenza visiva, ma, forse, determina anche il punto debole del film che pecca un po' di superficialità, quasi un procedere frettoloso, che sceglie di soffermarsi su alcune scene, lasciandosi invece sfuggire altre sfumature che avrebbero potuto rendere più gustosi i protagonisti e più significativo il messaggio dell'intero film. L'idea di fondo, dunque, risulta un po' sminuita e, nonostante il finale (che punta in buona parte sul colore delle scene girate in un vero concorso di baby-miss), lascia in bocca un sapore piacevole ma alquanto fugace.

In definitiva, un film interessante per coloro che cercano una commedia dai toni pacati e dai bei sentimenti senza troppo miele, quasi un film gradevolmente radical chic, scorre bene, ma lascia poco.


Buona visione!




Etichette: