lunedì, settembre 28, 2009

La marea spezzata.

Strani ricordi in quella nervosa nottata a Las Vegas. Cinque anni dopo? Sei? Sembra passata una vita, o almeno un'epoca - quel tipo di culmine che non tornerà mai più. San Francisco e la metà degli anni Sessanta era un bel tempo e un bel posto da vivere. Forse ha significato qualcosa. O forse no, alla lunga... ma nessuna spiegazione, nessun insieme di parole o musiche o ricordi può toccare la consapevolezza di essere stato là, vivo, in quell'angolo di tempo e di mondo. Qualunque cosa significasse...

La Storia è difficile da conoscere, per via di tutte le stronzate che ci aggiungono, ma anche senza essere sicuri di cosa dice la Storia pare del tutto ragionevole pensare che ogni tanto l'energia di un'intera generazione si concentri in un lungo bellissimo lampo, per ragioni che sul momento nessuno capisce - e che mai spiegheranno, retrospettivamente, ciò che è veramente accaduto.
Il mio ricordo principale di quel tempo sembra aggrappato a una o a cinque o forse a quaranta notti - o mattine molto presto - quando mezzo sconvolto lasciavo il Fillmore e, invece di andare a casa, prendevo la grandiosa Lightning 650 e sfrecciavo sopra al Bay Bridge a centosessanta all'ora con indosso dei calzoncini L.L. Bean e un giubbotto Butte da pastore... irrompevo di là del tunnel di Treasure Island sullo spettacolo di luci di Oakland, Berkley e Richmond, non molto sicuro su quale uscita imboccare una volta arrivato di là (sempre spegnendo il motore al casello del pedaggio, troppo fatto per trovare la folle mentre rovistavo in cerca di spiccioli)... ma assolutamente certo che per qualunque strada fossi andato sarei arrivato in un posto dove la gente era ispirata e selvaggia, esattamente come me: nessun dubbio su questo...

C'era follia in ogni direzione, a ogni ora. Se non attraverso la Baia, allora su al Golden Gate o giù sulla 101 per Los Altos o La Honda...
Potevi sprizzare scintille dovunque. C'era una fantastica universale impressione che qualunque cosa si facesse fosse giusta, che si stesse vincendo...
E quella, credo, era la nostra ragion d'essere - quel senso di inevitabile vittoria contro le forze del Vecchio e del Male. Vittoria non in senso violento o militare: non ne avevamo bisogno. La nostra energia avrebbe semplicemente prevalso. Non c'era lotta - tra la nostra parte e la loro. Avevamo tutto l'abbrivo noi; stavamo cavalcando un'onda altissima e meravigliosa...
Ora, meno di cinque anni dopo, potevi andare su una qualsiasi collina a Las Vegas e guardare verso ovest, e con gli occhi adatti potevi quasi vedere il segno dell'alta marea - quel punto in cui l'onda, alla fine, si è spezzata per tornare indietro.

Hunter Thompson S. Thompson, Paura e disgusto a Las Vegas - Una selvaggia cavalcata nel cuore del sogno americano, 1971.


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