sabato, luglio 15, 2006

I cuori d'Irlanda


Correva l'anno 1974 quando Rory Gallagher, un chitarrista sconosciuto ai più, diede vita a quello che viene considerato il migliore tour della sua carriera musicale, proprio nell'isola che lo aveva visto nascere ventisei anni prima.

Nel 1974 io non ero ancora nato.

Ora, non so come mai ci sia questo legame tra un ragazzotto irlandese di belle speranze ed una musica che più "nera" non si può... ma forse vale anche in questo caso la spiegazione che emerge dall'indimenticabile film "The Commitments": se è vero che gli Irlandesi sono il popolo più "nero" d'Europa, allora è proprio a loro che spetta il primato della musica "nera" per eccellenza... non a caso, il blues dei loro dirimpettai inglesi, malgrado l'innegabile raffinatezza, si è spesso macchiato del reato vergognosissimo di "fighetteria"!...

Nel giugno del 1995, Rory Gallagher, a seguito di gravi problemi di salute e di complicazioni conseguenti una delicata operazione di trapianto, si spense in un ospedale di Londra.

Appena un mese dopo, nel luglio del 1995, io, appena diciottenne, giravo innocente e curioso per le vie di Temple Bar e per i mercatini di Camden Town.
Nel 1995, nonostante le mie scorribande per Grafton Street e le bevute al "Baggott Inn", non avevo idea di chi fosse Rory Gallagher; il Blues, tuttavia, s'insinuava già nella mie vene, seppure ad un livello molto inconsapevole.

Undici anni dopo, nell'estate del 2006, dopo avere incrociato il nome di Gallagher diverse volte durante le mie incursioni tra le pagine della storia della Musica, incrocio ancora una volta questo nome in uno scambio di battute con l'amico M. Stavolta decido di scoprire cosa suonasse questo figlio d'Irlanda e per farlo parto appunto dal disco e dal video che immortalano proprio quella fortunata tournée del 1974. "Irish Tour '74".

Non so quanto potesse apparire attuale suonare Blues a metà degli anni '70: il rock'n'roll si era già moltiplicato nelle sue diverse derive che andavano dal rock più duro al beat-pop, senza contare l'intellettualismo del prog-rock, l'eredità psichedelica del decennio precedente ed il fenomeno punk che sarebbe emerso, proprio nella vicina Inghilterra, da lì a poco. Questo apparente anacronismo, tuttavia, non ha di certo fermato il musicista.

Chi era Rory Gallagher? Presa in mano la chitarra all'età di 9 anni, sembra che il Blues sia stato la sua ispirazione sin dall'inizio.

Lungi dalla tempesta di note del texano Stevie Ray Vaughan, le sue interpretazioni rimandano esplicitamente allo stile di Muddy Waters e John Lee Hooker, rimandi dichiarati anche nella scelta del repertorio in buona parte fatto di pezzi provenitenti da quella scuola. Alla scioltezza degli assolo in slide, fa da contraltare la bruciante voce caustica ed energica; alle usuali performance chitarristiche elettriche ed acustiche si affiancano anche piacevoli momenti al mandolino (altra passione di Gallagher) in bilico tra southern blues e sonorità dal vago sapore celtico.

Ad impreziosire ulteriormente il video di "Irish Tour '74", tra un pezzo e l'altro, alcuni stralci di vita da backstage, con la scelta dei plettri o delle bacchette da batteria, qualche birra, frammenti di intervista a Gallagher ed alcune sue osservazioni di natura tecnica a proposito degli strumenti e del modo di suonarli.
Il quadro del contesto, invece, viene reso dalle immagini delle strade semideserte e dalle ronde di mezzi militari che imperversavano in quel periodo proprio nelle stesse città dell'Irlanda del Nord, toccate dal tour, ma anche dalle passeggiate di Gallagher tra le rovine degli antichi castelli magici presenti ovunque nella sua isola.

Non era di certo un chitarrista tecnicamente raffinatissimo, non si può considerare un virtuoso dello strumento (almeno non nel senso più stretto del termine), ma bisogna ammettere che Gallagher è stato uno di quei personaggi che hanno reso il dovuto onore e tributo a Madam Stratocaster e non lo ha fatto cercando una via esasperata al tecnicismo, bensì passando per quei suoni sporchi e vivi che tanto esaltano le caratteristiche della formosa americana a sei corde, così rabbiosa e orgogliosa nei suoi toni!

Un vecchio proverbio irlandese recita: "Se vedi una statua in Inghilterra, sarà sempre quella di un militare, se vedi una statua in Irlanda sarà sempre quella di un poeta". In una strada di Dublino, adesso, campeggia la riproduzione in bronzo di una Fender Stratocaster... la statua è quella di uno strumento, la poesia è quella della musica di Gallagher.

Adesso, forse, posso dire di saperne una in più, a proposito del Blues... ed i miei quattro accordi sgangherati avranno un'altra anima in più cui venire dedicati...

BLUES WILL NEVER DIE!!!...




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